LA SUA MONTAGNA

PER CAGION DI QUEL BOSCO

"Una foresta immensa copre all'intorno Ia seconda Regione o i fianchi deII'Etna sino a poco dopo Ia metà della sua altezza, e che chiamasi anche la Regione selvosa; presenta tale estensione la più vigorosa, e la più annosa vegetazione che vi sia. I boschi di Paternò, Linguaglossa come non possono sorprendere? Una Montagna famosa presso tutte le Nazioni per gli immensi fiumi infuocati, che ha vomitati dal suo seno, e che sono corsi bruciando le vicine campagne, ha alimentati su i suoi fianchi dei vasti boschi, che han somministrato in ogni tempo materia per costruzione di un gran numero dl navi, vascelli, e di altre opere considerevoli". Così il Ferrara iniziava nel 1793 la sua descrizione dell'Etna, e molto probabilmente la nascita di Linguagrossa è dovuta "per cagion di quel bosco, ove sono gli alberi che fanno la pece"; quel bosco dal nome arabo Rahab (bosco) è stato da sempre la principale risorsa di questo paese posto "dentro alle selve del monte Etna". Abbiamo notizie dello sfruttamento del bosco linguaglossese, sia per l'estrazione di legname che della resina, sin dal 1300. Filoteo de Amodeo, nella sua opera Aetnae Topographia del 1591, ci ha lasciato una dettagliata descrizione di come i linguaglossesi "scopersero che vi si poteva a bell'agio lavorar la pece, et i Linguagrossesi in fin oggi attendono a cotal mestiere…". La fine dello sfruttamento della pineta si ebbe con il grande incendio del 22 luglio 1956, quando oltre 400 ettari di bosco vennero distrutti in pochissimo tempo, incendio di natura dolosa, servì a mascherare uno sfruttamento non controllato. Ma la pineta riprese a vivere ed oggi è meta di escursioni e fonte di nuova ricchezza per la popolazione. Sono diverse le volte che l'Etna ha messo a dura prova la volontà dei linguaglossesi, diverse sono state le eruzioni ed i terremoti che hanno distrutto in parte anche il paese, fra le più importanti basti ricordare quella del 1566 che lo distrusse in parte e che è legata al miracolo di Sant'Egidio, oppure quelle del 1809 e del 1865, quando buona parte del bosco venne invaso dalla lava, e per finire quella del 1923, quando il paese venne minacciato seriamente e la borgata Catena distrutta quasi completamente.

Terzo itinerario: da Linguaglossa alla Pineta Ragabo.

A meno di 10 km da Linguaglossa si incontra il bosco Ragabo, vanto e gloria dei linguaglossesi. La vite, il nocciolo, il melo, il ciliegio ed infine il castagno fanno da cornice lungo la strada che si parte dal centro del paese, la Mareneve, e che arriva fin su alla Pineta. Dagli ampi tornanti della Mareneve il paesaggio si presenta ora di scorcio ora con profondissime prospettive, l'azzurro limpido del mare di Taormina sembra essere la piscina naturale dell'Etna. Poi all'improvviso dopo una curva e dopo un magnifico bosco di querce, il Piano Donna Vita (1250 s.l.m.), si entra nell'immensa pineta; sulla sinistra si trova una pista a fondo naturale che conduce ad una larga radura, è il Piano Pernicana (1400 s.l.m.); la cattedrale della Pineta Ragabo, in fondo al Piano come abside della stessa è la grotta in pietra lavica e pomici che custodisce la statua della Madonnina della Pineta. Così Santo Calì descriveva la pineta Ragabo nel 1953: "Ad ogni arrivo in Pineta una impressione sempre nuova e irripetibile ti invade, ma rimane costante la sensazione intima del divino e del sacro che occupa la solennità infinita del luogo: i pini fittissimi si trasfigurano nelle colonne svelte e rastremate di un tempio immenso, la cui volta è il cielo azzurro sostenuto dai mille verdi ricami dei capitelli frondosi: l'aria profumata dall'offerta della resina e il coro invisibile ricanta eternamente i miti della nostra gente". Sempre sulla strada Mareneve, attraversata la pineta a circa tre chilometri si incontra un bivio dal quale proseguendo a sinistra si giunge dopo diversi chilometri a Fornazzo, mentre a destra si continua l'ascensione all'Etna; inerpicandosi per rapidi tornanti, la strada ci porta improvvisamente alla grande radura di Piano Provenzana (1800 s.l.m.), la maestosa presenza dell'Etna sembra quasi che ci schiacci. Sul Piano Provenzana, anfiteatro naturale, si trovano gli impianti scioviari dell'Etna-Nord, con uno sviluppo di piste di diverse decine di chilometri, ed ancora la stazione di partenza per le escursioni, con pulmini, alla parte sommitale dell'Etna. Fanno da corona al Piano Provenzana i pini odorosi di resina e le betulle con la loro bianca corteccia; dal piano si ha una splendida veduta dell'Etna, sembra toccarlo tanto è vicino. Un senso di timore pervade l'osservatore ma dopo, la natura del luogo tranquillizza e dà pace, serenità e silenzio, ci si sente lontani dal mondo. Dalla Provenzana verso la Trasparenza dell'infinito. La flora, la fauna e l'ambiente naturale del più alto Vulcano d'Europa, sono un patrimonio da tutelare e valorizzare. In questo habitat di grande interesse per i naturalisti vivono uccelli (l'upupa, l'assiolo, il picchio rosso, la coturnice dell'Etna) e mammiferi (il gatto selvatico, l'istrice, il riccio); crescono lo spino santo, la ginestra dell'Etna, la betulla, il pino laricio, il faggio ed il raro pioppo tremulo. Per avere un'idea di quello che è possibile ammirare sull'Etna è d'obbligo fare una visita alla Pro Loco di Linguaglossa che ha realizzato un museo di grande interesse naturalistico, vulcanologico e micologico, ed anche un piccolo museo delle tradizioni popolari, con attrezzi ed oggetti del passato.



Linguaglossa - La sua Montagna
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