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SAN BIAGIO, VIA
La strada ricorda l’omonima chiesa di cui non v’è traccia dalla fine del ’700. Si veda anche la descrizione di Via del Bussolo.
SAN FRANCESCO DI PAOLA, LARGO
San Francesco di Paola (’u Santu Patri). Il culto di San Francesco di Paola, nel nostro paese, risale al XVI secolo. Nel 1584 vennero a Linguaglossa i Minimi ai quali furono ceduti, da parte della Confraternita di Santa Maria Lauretana, l’Altare Maggiore e una Cappella della Chiesa di Nostra Signora, la quale si ebbe da allora il titolo popolare di Chiesa di San Francesco di Paola. Attaccato alla Chiesa fu costruito il Convento. La scelta dei Paolotti fu felice; chè se Bernardus valles, montes Benedictus amabat, Franciscus colles, magnas Ignatius urbes, il Santo della Charitas preferiva fondare i suoi cenobii proprio ai confini delle città, affinchè i Minimi dalla solitudine beata potessero vigilare sulle inquietudini e sulle agitazioni del mondo. Il Copani, alla XXIX ottava del Pianto, accenna alle discipline severe dei Minimi, il cui Fondatore, San Francesco di Paola, dovette qui a Linguaglossa, sia pure in effigie, subire delle dure e lunghe penitenze. Quando a primavera inoltrata non una goccia d’acqua scendeva a refrigerare le campagne e la siccità rodeva il verde alle foglie, i contadini costernati ricorrevano al mite Francesco, che, spogliato di tutti i paramenti, veniva adagiata sulla vara e portato in mesta processione sino alla Chiesa Madre. Per la strada le donne straziavano l’aria oscura con le loro litanie: Acqua d’u celu, Signuri, vulemmu,/ Ora pronobbissi, annunca muremmu.../ Acqua d’u celu, Signuri, vulemmu,/ Ora pronobbissi, annunca muremmu... San Francesco veniva lasciato in penitenza dietro la porta maggiore della Chiesa Madre. Solo. Per un giorno, due, per mesi interi. Sino a quando non venisse giù dal Cielo l’acqua ristoratrice.
SAN GIUSEPPE, VIA
E’ la vecchia strada che portava alla nostra pineta. La via del legname che trainato fino a valle venova poi riposto nell’attuale Villa Milana. Sulla via esiste ancora un piccolo altarino dedicato a San Giuseppe, il protettore dei falegnami.
SAN LEONARDO, VIA
E’ il nome del torrente che scorre ad est del paese, nonchè titolo di una antica chiesetta, che alcuni vogliono situata sulla sponda destra, altri sulla sponda sinistra. La chiesetta era suffraganea di quella dedicata ai Santi Antonio e Vito, nei Registri della quale, sotto l’anno 1675 si legge: Item mi faccio esito etc... alli Reverendi Cappellani di detta Chiesa come per la Chiesa di Santa Maria dello Pilieri e di Santo Leonardo. Un accenno alla Chiesa scomparsa si ha anche nel Pianto del Copani: La puzza di li Morti ancora dura/ dintra sta Chiesa di Santu Lunardu... ( XXXIII ottava).
SAN NICOLA, VIA
Naturalmente la Via San Nicola (’a strata ’i Santa Nicola) anche se limitata ad un tratto più breve, rimarrà col suo nome tradizionale. La vecchia strada (’a strata ’i Santa Nicola, proprio col Santa di genere femminile) deve la sua denominazione alla Chiesa che sino a qualche decennio fa sorgeva sull’area oggi occupata dal Convento dei Domenicani. Costruita sulla Regia Trazzera che congiungeva, attraverso la contrada del Ciapparotto, Linguaglossa a Piedimonte, la Chiesa è ricordata già nei primi anni del Seicento. Nella Nota di tutte le rendite etc., già citata, si legge: Matteo Lampuri legò alla Confraternita seu Chiesa suffraganea di S. Nicolò Abbate tari tre l’anno da pagarsi sopra li suoi beni hereditarij come per codicilli disposti presso le Tavole di Not. Gio. Francesco Indelicato a 15 luglio 5 Ind. 1622. Anche il Pianto del Copani, alla LII ottava, accenna alla Chiesa situata al di là dei confini del centro abitato: La sipultura sta senza balata/ Di San Nicola fora la citati... Alla Chiesa erano legate delle belle tradizioni: quella della distribuzione del pane per i poveri e quella della benedizione dei raccolti.
SAN PASQUALE, VICO
Nasce spontaneo denominare il vicoletto con il nome del santo con cui la chiesa del Calvario veniva anche chiamata (Chiesa del Calvario e di San Pasquale).
SAN ROCCO, VIA
Prima ancora che nel Pianto del Copani si fa menzione della Strada di S. Roccoin un atto del 4 Ottobre del 1669 presso le Tavole del Notaro Antonio Tarascona: Il quarterio Xare seu Ecclesiae Iesus Marie e strata publica per quam itur ad Ecclesiam S. Rocci. Alla Chiesa del nostro Protettore, e quindi al Quartiere, rimane legato uno dei filoni più ricchi delle tradizioni popolari di Linguaglossa. Molto nota è qui l’istoria di San Rocco che, figlio di Messer Giovanni, potente signore di Monpilieri, aveva abbandonato i fasti della Corte e si era ritirato a fare penitenza in una selva remota, dove il cane del Principe Gottardo gli portava ogni giorno il tributo di un tozzo di pane. Il racconto trae materia da una buona tradizione agiografica; ma molto ha trasformato e vi ha aggiunto la fantasia dei valligiani; i quali, fra l’altro, hanno fatto di Linguadoca, la città del Santo, un convenientissimo Linguagrossa. Qui tutti gli anni, la prima domenica dopo il 16 Agosto, si celebra in onore di S. Rocco se non la più antica, certamente la più popolare delle feste.
SAN ROCCO, PIAZZA
Si veda la descrizione di Via San Rocco.
SAN TOMMASO D’AQUINO, PIAZZA
Nacque nel castello di Roccasecca verso il 1226. Studiò tra il 1245 e il 1248 a Parigi sotto Alberto Magno. Mori a Fossanova presso Terracina, nell’Abbazia dei Cistercensi, il 9 Marzo 1274. Quando tre giorni prima della sua morte gli fu recato il Viatico disse: Io ti ricevo, prezzo di riscatto della mia anima, Io ti ricevo, Viatico del mio pellegrinaggio. Per amore tuo ho studiato, vegliato, lavorato, predicato e insegnato. Pio V lo dichiarò Dottore della Chiesa nel 1567. San Tommaso ha rivelato una sorprendente fecondità; negli ultimi anni della sua vita essa è stata così grande, che a stento si riesce a comprendere come un uomo così assorbito dall’insegnamento, potesse produrre tanto. Fra le sue principali opere si ricordano la Summa Theologiae, la Summa Contra Gentiles, De Perfectione Religiosa ed i Quodlibeta.
SAN VITO, VIA
Se esiste una parrocchia intitolata ai SS. Antonio e Vito, è doveroso intestare all’uno e all’altro Santo una strada del quartiere. San Vito fu un giovanetto di Mazara del Vallo, cittadina del trapanese di cui il Santo è patrono. Fu martirizzato nel 303 con la nutrice Crescenza e il marito di lei Modesto. Il culto per San Vito è assai diffuso nella nostra isola. La sua festa cade il 15 giugno.
SANTA CATERINA, VIA
Si veda la descrizione di Piano Santa Caterina.
SANTA CATERINA, PIANO
Adiacente al Quartiere dei Vignitti è l’altro antichissimo di Santa Caterina, la cui denominazione deriva dal titolo di una chiesetta, che sorgeva sul Piano insieme ad un albero rigoglioso di gelso. Alla Santa, oltre al Piano, è intitolata anche la strada che, partendosi dal Largo Ettore Majorana e passando per il Piano Santa Caterina, incrocia con laVia Malborgo e raggiunge il Vallone. La chiesetta di Santa Caterina non va confusa con l’Abbazia omonima che sorgeva fuori del centro abitato e che era stata fondata non sappiamo se da monaci Benedettini o Basiliani. Sull’Abbazia e sulla chiesetta la bibliografia è ricchissima. Si veda soprattutto Vincenzo Casagrande, L’Abbazia di Santa Caterina in Linguaglossa, Catania, 1909.
SANTA FILOMENA, VIA
Il culto di Santa Filomena a Linguaglossa è completamente sconosciuto; rarissimo, presso il nostro popolo, è anche il nome. All’inizio della Via Santa Filomena, dalla Via Roma, sulla destra c’era un altarino, con figure a fresco rovinate ormai dal tempo. I vecchi vogliono che tra quelle figure vi fosse l’immagine di Santa Filonema. I toponimi che derivano dall’esistenza di altarini rustici in loco sono molto frequenti: a Palermo (Vicolo Ecce Homo, Cortile San Gaetano, Via Altarello, Vicolo dell’Altare), a Catania (Via Altarino), a Giarre (Via Altarello), etc. A Catania poi è una Via S. Filomena.
SANTA SPINA, VIA DELLA
Nel primo dopoguerra un furto sacrilego privò la Chiesa Matrice di un calice contenente un legno della croce ed una spina della corona di Gesù. Alla santa Spina era dedicata la festa più importante del paese, di cui i linguaglossesi menavano vanto. Uno sturnettu popolare ricordava la festività assieme alle più significative dell’isola: Triunfa Palemmu cu Santa Cristina,/ Catania evi cu Jaita Bbiata,/ A Ssiracusa Lucia Ddivina,/ A Trapani la Santa Nunziata./ La festa di Sam Prazzitu a Mmissina/ E Santa Vinniruzza Jacitana;/ A Linguarossa cc’é la Santa Spina/ Ca teni la Siggilia abbunnata.
SANT’ALBERTO MAGNO, VICO
Alberto di Bolstadt, conosciuto anche come Alberto di Colonia, nacque forse nel 1193. Entrò nel 1223 nell’Ordine Domenicano. Insegnò in diverse Università europee, ma soprattutto a Colonia, dove ebbe come discepolo San Tommaso d’Aquino, le cui dottrine difese dalla condanna del Vescovo di Parigi Stefano Templare. Morì nel 1280.
SANT’ANTONINO, VIA
(Lisbona 1195 - Padova 1231) Al secolo si chiamò Fernando di Martino. Frate minore, esplicò in Italia la sua attività di teologo insigne e di predicatore infiammato ed ascoltatissimo. Gli si attribuirono molti miracoli, che gli valsero l’appellativo di taumaturgo. Padova lo scelse per patrono e gli dedicò la celebre basilica del Santo, opera del secolo XIII.
SANT’ANTONINO, PIAZZA
Si veda la descrizione di Via Sant’Antonino.
SANT’EGIDIO, VIA
Sant’Egidio, ateniese, di nobile casato, accorda col suo miracoloso bastone ai valligiani ampie protezioni contro i tramurti del vulcano. Scassau, scassau ’a muntagna! è il grido del boscaiolo atterrito che avverte i contadini dell’imminente pericolo. Il ringhioso vulcano vomita fuoco, ma risparmia l’abitato linguaglossese. La leggenda parte da lontano: dalla vecchietta paralitica che, riavute dal Santo le energie sufficienti, corre guarita a suonare le campane della chiesa per salutare lo scampato pericolo. I linguaglossesi, durante l’eruzione del 1923, quella che portò a Linguaglossa anche il duce del fascismo, difesero il bastone dalla prepotenza dei castiglionesi che lo avrebbero voluto a protezione delle proprie terre. Sant’Egidio è patrono onorato. Il popolo ogni anno si mobilita attorno al suo protettore. Sarà forse paura del vulcano o autentica gratitudine, fatto sta che la festa del patrono si celebra in grande stile.
SANT’EGIDIO, LARGO
Si veda la descrizione di Via Sant’Egidio.
SARACENI, VIA DEI
Certamente fra le popolazioni che hanno dominato la Sicilia, i saraceni hanno un posto di primo piano. Venti anni dopo la morte di Maometto, gli Arabi, giunti in Tunisia, udirono, a loro volta, parlare del Paradiso terrestre. Non riuscirono, però, ad invaderlo che nell’827. La loro occupazione, sotto la dinastia degli emiri Kalbiti, prima governatori in nome del sultano, poi sovrani quasi indipendenti, portò in Sicilia una civiltà nuova, al massimo della sua vitalità creatrice.
SCALPELLINI, VIA DEGLI
Lavoro di grande fatica ma di grande fascino. Le nostre chiese, le nostre case, sono piene del sudore dei nostri infaticabili artigiani.
SCARLATA, VIA ROSARIO
Nacque a Linguaglossa da Mariano, dottore in medicina, e da Maddalena Previtera il 4 Dicembre del 1948. Compì gli studi superiori e frequentò assiduamente, pur senza conseguire il dottorato, la facoltà di diritto nello Studio Catanese. Consigliere e assessore e Sindaco del Comune, sul finire del secolo scorso, amministrò con equilibrio e saggezza la cosa pubblica e fu realizzatore di molte opere. A Linguaglossa morì il 1° Ottobre del 1900. Scrisse e pubblicò un saggio giuridico su La quota di legittima del coniuge superstite. La dotta ed erudita monografia è divisa in due parti. La prima tratta della genesi filosofico-storica della legittima del coniuge superstite; la seconda si riferisce alla natura giuridica del diritto di riserva del coniuge stesso e riferisce la diverse opinioni sul carattere della quota di riserva a lui spettante, ne esamina gli esposti sistemi e finalmente si diffonde sul vero carattere della ricerca stessa. Antonio Fulci, professore di diritto civile nell’Università di Messina, pur dissentendo in molti punti dalla tesi sostenuta dallo Scarlata, non mancò di ammirarne “l’acume non ordinario degli argomenti” e Baldassarre Paoli, Consigliere presso la Corte di Cassazione di Firenze, citò e lodò il giovane linguaglossese, nel suo Trattato sulle successioni testamentarie. La Giurisprudenza di Catania definì il lavoro commendevolissimo specialmente per chiarezza e precisione, e la Gazzetta dei Tribunali di Napoli trovò il saggio degno di considerazione nella parte storica e razionale nella discussione dell’argomento. La monografia dello Scarlata ottenne degli autorevoli consensi anche all’estero. Teofilo Huc in una lettera all’Autore scriveva fra l’altro: Votre ètude est complète et très intèressante. Je ne puis que vous faire mes sincères compliments sur votre mèmoire qui révèle une remarquable aptitude pour la science juridique et qui se distingue à la fois, par le fond et par la mèthode. Aussi permettez que je vuos encourage à continuer; quand on a commencé comme vuos l’avez fait, on est certainement destiné à prendre un rang distingué dans la science juridique. Teofilo Huc, professore di diritto civile nell’Università di Tolosa, fu uno dei riformatori del Codice Napoleonico.
SCIARA, VIA DELLA
Tutta la zona interessata dalla Via Dante Alighieri è da sempre indicata come il quartiere della sciara. E’ la zona in cui si fermò la lava del 1566.
SCIARONE DEL QUARTO, VIA
Il toponimo si mantiene (a parte la difficile interpretazione del Quarto). Tutta la strada corre in un’area sciarosa interessata dall’eruzione del 1923.
SCIOTTO, PIANO DELLO
Sciotto, nella lingua di Maometto, vale pantano, paludee anche lago. Dopo Rahab (interpretato tradizionalmente come bosco, ma da altri come cortile,piazza) e dopo Sciara (via), Sciotto è il terzo (e non ultimo) toponimo arabo di rilievo che incontriamo nel nostro territorio; testimonianza viva del passaggio dei fedeli di Allah per le contrade lussureggianti, dominate dalla cima infuocata del Giabal. Nella zona contigua al Rovettaccio, tra questa e il centro abitato, gli sciotti dovevano essere, nei secoli scorsi, più di uno: per la natura stessa del terreno, semi-impermiabile, e per la sua conformazione pianeggiante. Il termine arabo shott (classico shatt, chott nella trascrizione francese) è comune nella nomenclatura geografica del Sahara e dell’Africa Settentrionale ed ha per sinonimo un’altra parola araba, anch’essa molto usata, cioè la parola sebkhah, che sembra designi un piccolo sciott. All’infuori delle dimensioni, uno sciott e una sebkhah sono identici. La parola sciott designa un aspetto dell’idrografia desertica corrispondente a ciò che nei paesi a regime idrico normale si chiama un lago. Tuttavia un lago e uno sciott sono estremamente diversi: per l’esistenza di uno sciott è necessario un bacino chiuso, senza sbocco verso il mare, il che costituisce una caratteristica della morfologia desertica. Le acque piovane scendendo lungo il pendio, si raccolgono nel punto più basso del bacino, dove non possono continuare a scorrere, sicchè l’unica via che ad esse rimane aperta, è l’atmosfera in cui evaporano.
SCUDERI, VIA PIETRO
Nacque a Linguaglossa il 18 Luglio 1894 da Gaetano e Rosaria Stagnitta. Compiuti gli studi, partì volontario per la prima guerra mondiale, come sottufficiale di Fanteria. Ammesso al Corso degli Aspiranti Ufficiali fu successivamente destinato nella zona di Gorizia e, raggiunto il grado di Aiutante di Battaglia, tenne il posto avanzato di Oslavia. In seguito a furioso bombardamento il 14 gennaio 1916 fu colpito da un colpo di granata in pieno corpo che lo mandò in frantumi. L’atto di morte (n° 15, parte II, Serie C, anno 1917) suona testualmente: L’anno 1916 addì 14 del mese di Gennaio nel fatto d’arme seguito alla trincea quota 188 di Oslavia mancava ai vivi alle ore diciotto in età di anni ventuno l’aspirante Ufficiale Scuderi sig. Pietro del 153 Regg. Fanteria 10 Compagnia al n° 50712 di matricola nativo di Linguaglossa provincia Catania figlio di Gaetano e di Stagnitta Rosaria morto in seguito a colpo di granata in pieno corpo che lo mandò in frantumi; sepolto a quota 188 di Oslavia come consta l’attestazione delle persone a piè del presente sottoscritto firmate all’originale. Al nome di Pietro Scuderi è intitolato il plesso scolastico adiacente al Palazzo di città. Una lapide in marmo lo ricorda con tre iscrizioni. Dice la prima: In questa scuola dalla I alla quinta classe / alunno degnissimo / apprese / che essenza suprema delle cose / è pensiero e virtù. La seconda: Dalle contese cime del Podgora / dove / Asp. Uff. ventenne appena / il 14 luglio 1916 / un colpo di granata in pieno corpo / lo mandò in frantumi / ammonisce che non v’ha virtù / senza dedizione. E la terza, conclusiva: Chi attinge alle stesse fonti ne ravviva la memoria / con perpetua lode. Ci sono due evidenti errori: quel ventenne appena e quel luglio invece di gennaio.
SIRACUSA, VIA
Capoluogo d i provincia della Sicilia, centro industriale e porto commerciale e peschereccio sulla costa sud-orientale della Sicilia, edificato parte su di un’isoletta (Ortigia) e parte sulla terraferma. Fondata dai Greci nel 743 a.C. crebbe e fiorì rapidamente specialmente dopo la vittoria di Gelone (485 a.C.) contro i Cartaginesi ad Imera, divenendo la pricipale città greca in Sicilia. Con Gerone divenne centro culturale (Pindaro ed Eschilo vissero alla sua corte). Dopo l’occupazione romana ebbe inizio la decadenza che durò anche nel Medio Evo. Nel 1943 fu bombardata. Della città antica, che aveva una sviluppo maggiore di quello attuale, rimangono i resti del Teatro Greco (IV-III sec a.C.) semicircolare, dell’Ara di Ierone(466 a.C.) e della Latomia del Paradiso (vasta cava trasformata in giardino) con l’Orecchio di Dionisio e la grotta dei Cordari; la Latomia dei Cappuccini; la Latomia di Santa Venera; i resti del Ginnasio (del periodo augusteo); la Fonte Aretusa. Monumenti posteriori sono il Palazzo Bellomo del XIII sec. (sede di un museo medioevale e di una biblioteca); il Castello Maniace (iniziato nell’XI sec., poi rifatto al tempo di Federico II in forme gotiche); la Chiesetta di S. Nicolò (XI sec); la Chiesa di S. Giovanni con il Convento dove sono famose catacombe. Il duomo è la trasformazione avvenuta nel VII sec. del Tempio di Atena, con facciata settecentesca (preziosi lavori nell’interno). Importante è il Museo Archeologico Nazionalecon raccolte preelleniche, collezioni greche, avanzi greco-romani, uno dei principali musei nel suo genere. Notevoli ancora sono il Palazzo Comunale del XVII sec.; il Palazzo Beneventano (XVIII sec.); il quattrocentesco Palazzo Lanza; il Palazzo Montalto (XIV sec.); la Chiesa di Santa Lucia (XIV sec., poi rimaneggiata); e il Foro Siracusano.
SIRENA, SALITA DELLA
Il portale d’ingresso primitivo della Chiesa di Sant’Egidio, in pietra arenaria goticheggiante, raffigura una sirena che stringe nelle mani due serpenti: il trionfo del Cristianesimo sulle religioni pagane. Era il vecchio stemma della città.
STAGNITTI, VIA NELLO
Nello (Mariano) Stagnitti nacque a Linguaglossa il 2 luglio 1856 da Francesco e da Concetta Castrogiovanni. A Linguaglossa frequentò le scuole elementari e nella biblioteca di famiglia, autodidatta, completò i suoi studi. Alla madre, rimasta vedova ancor giovane, dedicò tutte le sue cure; per essa non lasciò mai il paese. Carattere chiuso, condusse vita ritirata, alternando le letture dei classici antichi e moderni con i diletti della caccia. Pensono sempre del mistero della vita, il rinnovamento della società egli intese come elevazione; elevazione verso una bellezza suprema, un’armonia divina, una grandezza interminata; ed Elevazione è il titolo della sua ultima opera, ove il contrasto tra ragione e fede si affina al fuoco del nuovo verbo nietzschiano. Esordì nel campo delle lettere con una commedia in tre atti, Amata, in cui una patetica storia d’amore ha per sfondo il clima romantico dell’epopea garibaldina. Ad Amata, tra il 1885 e il 1897, seguirono una seconda commedia in cinque atti, l’Elda Vestrini, e una raccolta di novelle, Floriana. Nel 1897 pubblicò Le Fidanzate, un romanzo in cui il conflitto ardente, spietato, senza tregua fra il Dio dell’amore e il Dio dell’oro, finisce col trionfo di quest’ultimo. L’opera venne pensata e scritta nell’ambiente nuovo del verismo con il quale lo Stagnitti entra con assennata polemica. Ancora un romanzo pubblicava nel 1907, La Vita è divina, inteso al rinnovamento di tutti e dell’individuo: Ho io compiuto qualche atto utilie alla società?- si chiede nella prefazione lo Stagnitti - dunque ho giovato anche a me stesso. Abbi sempre presente questo pensiero e non desistere mai. Nel ricordo dell’Imperatore filosofo l’inquietudine dell’animo del Nostro trovava il suo sereno placamento. Nello Stagnitti morì a Linguaglossa a 64 anni, il 15 gennaio 1920.
STANCANELLA, VICO MARC’ANTONIO
Nel 1634, come ricorda la lapide murata nella sala consiliare, i linguaglossesi, pagando 21.104 onze, ottennero dal re Filippo IV di Spagna il decreto di affrancamento. Era sindaco del paese Marc’Antonio Stancanella.
STAZZONE, VIA
La via nasce con questo nome agli inizi del secolo. Anche se distante dalla consuetudine popolare e non conforme alla toponomastica dell’area di maggiore appartenenza; non si ravvisa l’opportunità di cambiare l’attuale toponimo.
STOMER, VIA MATTIA
Opera di eccelsa levatura del fiammingo Stomer si conserva nella Chiesa dei Domenicani. Questi insieme a Pietro Novelli è considerato fra i più grandi rappresentanti della pittura siciliana del Seicento.
SUOR GIOVANNA, VICO
Nacque a Linguaglossa dalla famiglia dei Copani. Fin da bambina si adornò delle virtù più belle, ma particolarmente rifulse per la sua carità. Occupava le sue giornate visitando gli infermi, istruendo e soccorrendo i poveri. E la chiamarono la Madre di tutti. Per dieci anni fu Superiora delle Terziarie. Rese l’anima a Dio il 29 Novembre del 1708. Sparsasi la notizia della sua morte una grande moltitudine di fedeli accorse da Linguaglossa, Castiglione, Francavilla e Piedimonte e tutti vollero una particella delle sue vestimenta da conservare come preziosa reliquia. Iddio volle glorificare la sua serva con numerose grazie. Giaceva in letto da febbre maligna corretto nel Convento di Adernò Frate Serafino da Linguagrossa laico senza potere essere visitato dal Medico, per trovarsi costui, a cagion d’una caduta dal galessio, con una gamba troppo offesa, inabile affatto a viaggiare; in tale stato di cose ricordatosi Frate Serafino della santità di Suor Giovanna, ricorse alla medesima per sovvenirlo, nè fu vana la preghiera, dappoichè parendo al Medico la serva di Dio in sonno, gli ordinò che la malttia di buon’ora si portasse al Convento dei Cappuccini per visitare ivi un religioso infermo; nè dubitasse della sua gamba, per trovarsi perfettamente sana. Alzatosi da letto il Medico, e sperimentando di poter camminare senz’impedimento, con la gamba guarita a segno, come se mai vi fosse stata contusion veruna, subito portossi in Convento, con narrar tutto, ricolmo di stupore, all’ammalato Frate Serafino, il quale restituitosi fra giorni pure in salute, rese col suo Medico grazie immense al Signore, per essersi degnato dar per li meriti della pia defunta ad amendue prodigiosamente la sanità.
SVEVI, VIA DEGLI
E’ la terza grande dominazione in Sicilia. Sotto la guida di Federico Barbarossa, i Tedeschi invasero la Sicilia, aprendo un lungo periodo di lotte e di crudeltà. Ma dal figlio di Federico doveva nascere un personaggio di levatura straordinaria, l’imperatore Federico II che, nel suo lungo regno, riprese e perfezionò l’opera amministrativa ed economica di Ruggero II facendo del suo regno mediterraneo uno stato straordinariamente in anticipo sui tempi. Fu detto Stupor Mundi.